Risparmiare fa sempre bene al portafoglio, ma per quanto riguarda la nostra salute? Bisogna fare molta attenzione.
Non possiamo negarlo: acquistare e vendere vestiti di seconda mano è una pratica intelligente e al tempo stesso sostenibile. Rispetta le nostre finanze e strizza l’occhio all’ambiente, riducendo gli sprechi. Senza dimenticare il fascino unico degli abiti che hanno già vissuto una ‘prima vita’ o che sono stati trascurati dai loro precedenti proprietari.
Tutto molto bello, certo, ma come in ogni cosa, ci sono anche dei lati meno positivi. Quando si parla di abiti usati, il problema più sottovalutato è la possibile presenza di germi e batteri, che non sempre vengono eliminati con un semplice lavaggio. Piattaforme come Vinted, così come i classici negozi dell’usato, hanno reso il mercato del second-hand accessibile a tutti, ma proprio per questo bisogna prestare particolare attenzione.
La questione non è marginale: diversi studi hanno dimostrato che i vestiti usati possono essere un vero ricettacolo di microrganismi. Batteri come Salmonella ed E. coli, virus gastrointestinali come norovirus e rotavirus, e perfino funghi responsabili di condizioni come il piede d’atleta e la tigna, possono nascondersi tra le fibre dei tessuti. È quanto ha evidenziato il portale scientifico The Conversation, che ha posto l’accento sui rischi per la salute legati a un trattamento inadeguato degli indumenti di seconda mano.
I rischi invisibili degli vestiti usati: come renderli sicuri
Gli esperti sottolineano che i vestiti usati, se non correttamente igienizzati, possono contenere tracce di sudore, pelle morta, o altri residui biologici che creano l’ambiente ideale per la proliferazione di agenti patogeni. Secondo il microbiologo Philip Tierno dell’Università di New York, alcuni di questi microrganismi possono resistere anche per mesi sui tessuti, soprattutto se gli abiti sono conservati in ambienti umidi o poco ventilati.
Uno dei batteri più temuti è lo Staphylococcus aureus, che può causare infezioni cutanee e, in casi gravi, problemi al sangue. Inoltre, virus come il norovirus, noto per provocare vomito e diarrea, si trasmettono facilmente attraverso superfici contaminate, compresi i tessuti.
Fortunatamente, non è necessario rinunciare all’acquisto di abiti usati: con poche semplici accortezze è possibile eliminare i rischi e continuare a beneficiare di questa pratica sostenibile. The Conversation suggerisce di lavare i capi a una temperatura di almeno 60°C con un buon detersivo. Questa combinazione è in grado di eliminare la maggior parte di batteri, virus e funghi.
Se il tessuto non permette lavaggi ad alte temperature, una valida alternativa è trattare i capi con disinfettanti specifici per bucato o prodotti a base di perossido di idrogeno. Inoltre, è consigliabile stirare i vestiti, poiché il calore del ferro aiuta a distruggere eventuali agenti patogeni rimasti.
Non tutti i capi, però, possono essere lavati a 60°C senza danneggiarsi. In questi casi, è fondamentale leggere le etichette e scegliere metodi di sanificazione alternativi. Il microbiologo Jason Tetro, autore del libro The Germ Files, raccomanda di usare cicli di lavaggio a freddo combinati con disinfettanti appositi.